COS’È IL RE-I

Il Rilassamento Etero-Imagoico (RE-I) è una tecnica eteroindotta, che riesce a ridare benessere a coloro che soffrono di disagi esistenziali, di ansia nevrotica, di depressione, di prepsicosi.

Letteralmente Rilassamento Etero-Imagoico significa: “Mi rilasso mediante delle immagini che provengono dall’esterno”.

Trattasi di un iter di crescita strutturato in sette percorsi, ognuno dei quali è costituito da un iniziale “rilassamento attivizzante”, seguito da “simboli” – che ne delineano la dinamicità intrinseca – e da una ripresa finale.

Il “rilassamento attivizzante” si distingue da qualsivoglia altro tipo di esercizi miranti alla distensione neurovegetativa, in quanto oltre a far ottenere un’accentuata ipotonia muscolare, consente, grazie all’uso delle intonazioni prosodiche, di attivare il lobo sinistro a livello cerebrale. Tale processo, a sua volta, permette ai simboli (costituiti da un’immagine significante in grado di far emergere significati inconsci equilibranti) di divenire delle leve, che come un “grimaldello” fanno riemergere l’omeostasi fisica, psichica e spirituale già presente in ogni essere umano.

Per riuscire a svolgere tale funzione regolatrice le immagini simboliche sono, da un punto di vista epistemologico, interconnesse tra loro mediante i tre criteri di scientificità simbolica: la ridondanza, la direzionalità e la contestualizzazione. In tal modo elementi polisemici ed ambivalenti, ma non ambigui né equivoci, riescono a divenire un utile strumento scientifico, capace di ridonare benessere anche a soggetti non trattabil psicoterapeuticamente, come i borderline.

La Psicoterapia Individuale di Alfred Adler

Psicoterapia Individuale: significato e teoria

La Psicoterapia Individuale è una Psicoterapia psicodinamica sviluppata da Alfred Adler, allievo di Sigmund Freud, che si concentra sull’individuo e il suo comportamento, in particolare sugli atteggiamenti volti a fare fronte alle sue debolezze fisiche o psicologiche. Secondo Adler il comportamento individuale esprime un progetto, non del tutto cosciente, teso all’affermazione di sé, alla stabilità e alla sicurezza.

Teoria. Ogni uomo – più o meno consapevolmente – insieme al suo progetto di vita crea delle interpretazioni di sé e del mondo e di conseguenza, delle “finzioni”, che gli permettono di orientarsi nella vita, difendersi e adattarsi. Queste interpretazioni possono essere utili e positive, ma sono negative quando una persona si convince delle proprie “finzioni” ritenendole vere. (In questo caso Adler parla di nevrosi).

La Psicologia Individuale di Adler presenta concetti importanti:

  • il Sentimento di inferiorità che condiziona l’esistenza dell’uomo e influenza i suoi comportamenti;
  • la Volontà di potenza che “guida” i comportamenti dell’uomo per affermare la sua individualità e difendersi, carica aggressiva che può essere sia positiva che negativa;
  • le Compensazioni che l’uomo mette in atto per superare il senso di insicurezza e inferiorità, che sono positive se l’uomo riesce ad adattarsi e rispondere ai suoi bisogni, e negative se sono disfunzionali e artificiose (finzioni nevrotiche);
  • il Sentimento sociale che aiuta a vivere in armonia con se stessi e nella collettività.

Le Compensazioni, come le interpretazioni di sé e del mondo, diventano parte della persona e del suo modo di vivere e sono difficili da cambiare.
Se un uomo vive secondo un’errata interpretazione della realtà, si comporta in modo artificioso, mettendo in atto compensazioni non funzionali rispetto ai suoi bisogni, così si crea una disarmonia fra uomo e realtà che può causare disagi o disturbi a livello psicologico.

La Terapia Adleriana “lavora” sulle errate interpretazioni per ricostruirne di nuove e individuare meccanismi di compensazione più funzionali, nel rispetto di ogni individuo e dei suoi particolari bisogni.
Eliminando gli atteggiamenti artificiosi e le compensazioni che hanno effetti negativi è possibile costruire un nuovo progetto e adottare un nuovo stile di vita, in armonia con la realtà.

Dott. ssa Martina Minardi: intervento al Congresso della S.I.Co. – 26 giugno 2005 – ROMA

Counseling Umanistico – Esistenziale – Transpersonale: integrazione teorica ed epistemologica

  1. I disagi esistenziali e il Counseling

In ogni campo dello scibile le teorizzazioni sono frutto del contesto storico – sociale – culturale nel quale vengono formulate e ciò a maggior ragione è valido per la conoscenza degli esseri umani. La storia dello studio della psiche ci insegna che i ricercatori sono “figli del loro tempo” e cercano di dare delle risposte alle problematiche, alle patologie e al funzionamento che gli individui presentano in quella determinata epoca.

Il XX secolo, oltre a produrre il proliferare e l’affermarsi di scuole che hanno dato dignità scientifica ed epistemologica sia alla Psicologia che alla Psicoterapia – nonostante le annose e a volte inconcludenti diatribe tra gli esperti – è stato anche il periodo che ha visto sorgere una nuova patologia, quella dei “disagi esistenziali”. Una sofferenza non ascrivibile alle ampie e riconosciute categorie della Psichiatria descrittiva, ma altrettanto paralizzante e soffocante. Nei vari decenni gli studiosi l’hanno riconosciuta, individuata e hanno cercato di formulare le strategie più

adeguate ed idonee per affrontarla e debellarla. Trattasi di un pathos legato alla presenza dell’uomo sulla scena del mondo, un ambiente nel quale storicamente e culturalmente la persona sperimenta solitudine e vuoto, chiusura e difficoltà relazionale, crisi di sviluppo e di crescita, violenza e aggressività, problematiche di ruolo e di mancata autorealizzazione, disoccupazione e prepensionamento, sfrut- tamento e mobbing, malattia e perdita, disintegrarsi dell’armonia familiare e diso- rientamento educativo, invecchiamento e morte, mancanza di valori ed ideali.

Sono i cosiddetti “nuovi clienti” – come li ha chiamati Victor Frankl – e il loro essersi smarriti sulla strada dell’esistenza è senz’altro il prodotto delle tematiche storiche – sociali – culturali che si sono avvicendate con frenesia ed esasperata sperso- nalizzazione durante tutto l’arco del Novecento. La risposta degli studiosi a tali crolli è stata la nascita del “Counseling”, con un suo ben delineato ambito d’indagine, con molteplici teorizzazioni e metodologie proposte dai diversi capiscuola.

Tra queste varie impostazioni voglio ricordare quella Umanistica, quella Esistenziale e quella Transpersonale che, nate nel più vasto campo della Psicologia, si sono successivamente occupate proprio del dolore dell’individuo che da solo affronta le tempeste della vita e spesso viene travolto da un’ansia indicibile anche se non psichiatricamente patologica.

E considerando quelle che sono le richieste dei clienti che si presentano nei nostri studi, gradualmente, ma sempre con maggiore chiarezza, si è delineata nel tempo l’urgenza e la necessità di poter usufruire di un vasto ventaglio di tecniche e di non disperdere le proprie energie, sia come operatori che come ricercatori, tra i meandri

oscuri delle concettualizzazioni e teorizzazioni sterili. E’ nata in tal modo l’esigenza che gli esperti si muniscano di principi validi e di strumenti d’intervento efficaci e brevi per riuscire a fronteggiare le disarmonie esistenziali che sono fonte di immane sofferenza da parte degli utenti. Un campo di ricerca, il Counseling, giovane per de- finizione – ma antico quanto la presenza dell’uomo sul pianeta terra – e in questo set- tore non bisogna cadere nelle facili tentazioni di restare ammaliati dal canto delle si- rene che ci fanno intravedere la “terra promessa” in nuovi piccoli indirizzi speculati- vi che sorgono con la funzione onnicomprensiva di divenire la panacea di ogni male. L’esigenza epistemologica che invece emerge e si staglia, storicamente incontrastata, è quella di trovare il coraggio culturale di procedere verso la “sintesi” di indirizzi affini, per riuscire a superare le parcellizzazioni teoriche che disperdono le forze scientifiche in inutili e ampollose disquisizioni che certamente non forniscono risposte chiare e metodologicamente valide a coloro che affidano alla nostra conoscenza le loro problematiche. Non si tratta della proposta di uno sterile e confuso eclettismo, ma di un approfondimento storico delle opere dei maestri e del tentativo di riuscire ad usufruire di tutto ciò che essi ci hanno insegnato, presentandolo in uno schema di facile applicazione; proprio perché nel Counseling, come in Psicologia e in Psicoterapia, non è valido ciò che ci piace concettualmente, ma tutto ciò che produce risultati e riesce a trasformare il dolore in tappe consequenziali di un processo di crescita.

  1. Il counseling U.E.T.: aspetti teorici

Emerge, dunque, la necessità di procedere verso l’integrazione di scuole di pensiero simili e nel caso specifico mi accingo a presentare quella relativa alla tre correnti suddette: Umanistica, Esistenziale e Transpersonale.

In tal modo nasce un nuovo orientamento, il Counseling U.E.T., inteso in senso unitario, che affonda le sue radici nell’esigenza di dare un’impostazione teorica ed epistemologica diversa, ma soprattutto pratica ed utile, ai disagi dell’uomo contemporaneo.

Campo d’indagine, infatti, è la “persona che sperimenta”, nell’arco dell’esistenza, la sofferenza (Maslow, Rogers, Rollo May) e impara a trasformarla (Assagioli), facendo emergere le sue risorse (Maslow, Schultz) sopite dalle vicissitudini quotidiane; allo scopo di dare alla propria vita un nuovo significato (Frankl) che le permetta di poter scalare le vette delle aspirazioni, degli ideali e della spiritualità (Maslow, Grof, Assagioli, Frankl).

E dopo aver definito gli obiettivi del Counseling U.E.T. è ora necessario delineare, in modo chiaro ma esaustivo, quelli che possono essere considerati i “principi teorici” che sottendono tale impostazione e che sintetizzo nel modo seguente:

  • il rispetto per il dolore degli esseri umani e l’adoperarsi scientificamente per riuscire a superarlo, senza restare ingabbiati in dispute ideologiche (Rollo May, Assagioli);
  • il far emergere le capacità dell’individuo che in sé possiede un deposito infinito di potenzialità positive (Maslow, Schultz, Bazzi);
  • il riuscire a condurre il cliente, alla fine di un iter di crescita, a guardare al passato

con serenità e senza angoscia, a vivere pienamente il presente e a porsi delle mete per il futuro (Maslow, Assagioli);

  • il fargli scoprire che così come esperienze, immagini e pensieri negativi possono determinare un crollo, nell’ugual modo esperienze, immagini e pensieri positivi possono condurre alla rinascita psichica (Forel, Schultz, Bazzi, Peresson), in quanto abbiamo in noi stessi un deposito arcaico di positività che denominiamo “immaginario positivo” (Minardi);
  • il far sperimentare al soggetto che il vero artefice del suo equilibrio è lui stesso (Schultz), infatti egli è l’autore del suo benessere, grazie al ruolo attivo che ricopre nel setting per ciò che concerne la sua disponibilità ad allenarsi con le tecniche proposte dall’operatore, che gli permettono di attivare i meccanismi autoregolatori a livello centrale e tale processo lo conduce naturalmente all’autodestressamento (Lüthe);
  • il riconoscere la centralità dell’interrelazione corpo – psiche che è alla base dell’armonia e della salute di ogni persona (Forel, Schultz, Malugani, Masi);
  • il dare importanza alla “volontà”, intesa come la capacità di poter operare scelte e decisioni indipendentemente dai condizionamenti esterni, in quanto trattasi della facoltà psichica più a diretto contatto con l’Io (James, Assagioli, Ferrucci), indispensabile per il raggiungimento dell’autorealizzazione (Maslow);
  • il porre l’accento sulla sfera spirituale dell’uomo (Maslow, Sutich, Grof, Assagioli), sul valore dell’esistenza e sul senso da dare alla propria vita (Frankl, Masi) per riuscire a superare i crolli e i disagi così frequenti nella nostra epoca;
  • l’essere “compagni di viaggio” dell’uomo che soffre, senza farlo scivolare in pericolosi meccanismi di dipendenza, ma restandogli accanto durante l’iter di crescita, solo per indicargli la strada da percorrere mediante l’utilizzo degli strumenti metodologici più idonei (Schultz, Masi).
  1. Il counseling U.E.T.: aspetti epistemologici

E dopo aver enucleato i “principi basilari” sui quali si fonda il nuovo indirizzo del Counseling U.E.T. è d’obbligo una riflessione di carattere epistemologico.

Molto spesso, anche se in ambiti non scientifici, si confonde il counselor con quell’operatore con il quale è possibile fare delle “libere chiacchierate” tutte le volte che se ne avverte tale necessità. L’ascolto certamente è una delle prerogative fondamentali del nostro lavoro, non facile da mettere in atto, né semplice da apprendere: ma non basta. Per affrontare la sofferenza del soggetto occorre, come sostiene Roberto Assagioli, l’utilizzo di “tecniche attive” al fine di trasformare e dirigere le energie psichiche, di rafforzare le funzioni deboli e poco sviluppate, di far emergere le potenzialità. Il cliente deve essere preparato dall’operatore all’impegno, all’allenamento, ad un lavoro continuo e costante che deve eseguire per riuscire a raggiungere la meta del benessere. E’ impensabile che si possa scalare una montagna restando comodamente sdraiati su di un prato in valle: l’iter di crescita prevede sforzo e fatica in quanto non esistono “bacchette magiche” che, “chiacchierando”, possono mutare il pathos in equilibrio.

Metodologicamente, quindi, l’indirizzo proposto si avvale di un bagaglio di tecniche

eterogenee, estrapolate dalla Psicosintesi di R. Assagioli, dalla Logoterapia di V. Frankl, dall’indirizzo bionomico ed autogeno di J. H. Schultz, dal Rilassamento Etero – Imagoico di M. Minardi. Ma tutto ciò ancora non è sufficiente, in quanto un operatore del Counseling U.E.T. può utilizzare qualsiasi tipo di tecnica, premesso che sappia padroneggiarla, con il solo intento che risulti adeguata e idonea per quel determinato soggetto. Le metodologie proposte dai tre movimenti originari sono innumerevoli e quanto più un operatore possiede un repertorio vasto di strumenti, tanto più aumentano le probabilità che egli riesca a diventare un ottimo “compagno di viaggio” per tutti coloro che soffrono.

Non quindi un tecnicismo fine a se stesso o sempre identico per qualsivoglia tipo di problematica, ma una conoscenza strumentale adeguata che consenta di affrontare in modo serio e differenziato le varie tematiche poste dai clienti.

Da quanto suddetto si evince che il nuovo orientamento si caratterizza come eterogeneo per ciò che concerne l’utilizzo dei vari tipi d’intervento, ma resta saldamente ancorato a schemi scientifici ben chiari.

Infatti, nell’affrontare i casi dei disagi esistenziali, vengono stilate ipotesi, si raccolgono dati, si esegue un iter di crescita, si verificano formulazioni di partenza e si procede alle teorizzazioni dopo una casistica abbastanza ampia. Ed ecco quindi che il Counseling si presenta come “scienza”, con affermazioni verificabili e confutabili, avente la stessa dignità di tutte le altre discipline che si occupano dello studio dell’uomo.

Infine vorrei sottolineare che l’approccio Umanistico – Esistenziale – Transpersonale,

come ogni scuola, si avvale di una ben precisa visione antropologica, non di natura i- deologica e intellettualistica, ma emersa dal lavoro continuo di anni con i disagi dei clienti. Per quest’indirizzo, quindi, l’uomo non è solo corpo (come ancora purtroppo sostiene parte della Medicina ufficiale); né solo passioni e pulsioni che lo determina- no (Freud e Psicoanalisi classica); né solo comportamento e razionalità fredda e ben definita (Comportamentismo e tutti i suoi derivati teorici ed epistemologici); ma ne- anche un caos di emozioni che lo schiacciano (Psicologia dinamica); né solo il pro- dotto di relazioni ambientali e sociali (Psicoterapia relazionale e sistemica): è tutto questo, ma non solo questo. L’essere umano possiede creatività, valori, ideali, aspira- zioni che occorre far riemergere ed alimentare (Maslow, Frankl, Assagioli).

Invero, il disequilibrio non psichiatricamente patologico affonda le sue radici nella perdita di queste alte qualità tipicamente umane ed è proprio la riscoperta della sfera spirituale che conduce al superamento e alla trasformazione dei crolli esistenziali.

In quest’ottica emerge una concezione dell’uomo che è una continua osmosi ed interrelazione tra corpo, psiche, relazionalità, socialità e spiritualità.

E per concludere sottolineo e ribadisco la necessità di integrare tutte quelle scuole che rispecchino i principi del Counseling U.E.T. e in principal modo la Logoterapia di Victor Frankl, la Psicosintesi di Roberto Assagioli e l’orientamento autogeno e bionomico di Johannes Heinrich Schultz.

Nell’ottica dell’interscambio scientifico e culturale promuovo ed invito, pur nel rispetto delle specificità teoriche, a tendere verso un’armonizzazione e una fusione epistemologica che consenta di affrontare con sempre maggiore competenza,

sapienza ed umiltà l’ardua problematica della sofferenza umana.

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